IDENTITÀ PRECARIE E PRATICHE FUNERARIE CREATIVE NELLA SARDEGNA DI ETÀ ROMANA: STUDIO POST COLONIALE DELLA CULTURA MATERIALE INTESA COME CONTINUUM SEMIOTICO

Mauro Puddu, University of Cambridge

Abstract

In passato, e non di rado ancora oggi, l’archeologia ha utilizzato l’evidenza funeraria con tre specifiche e indipendenti finalità. Queste sono l’individuazione delle differenze di rango all’interno di un dato gruppo umano, la costruzione di categorie materiali crono–tipologiche certe, e la fabbricazione di identità etniche e sociali monolitiche abitualmente rassicuranti. Quest’ultimo obiettivo prende tanto più la forma appena descritta quanto più riguarda i rapporti, sbilanciati dal punto di vista dell’esercizio del potere e da quello economico, tra potenze coloniali e popolazioni periferiche.

Tale formazione di identità stabili e nettamente distinte ha caratterizzato nell’ultimo trentennio lo studio delle relazioni culturali tra Roma e le sue province, alternativamente incorniciate o in un paradigma di acculturazione delle seconde alla prima, Romanizzazione, o in una fiera resistenza locale a tale processo. Tuttavia, l’ultimo decennio di studi in ottica post-coloniale ha prodotto dei modelli di interpretazione alternativi, noti come ibridizzazione, creolizzazione, entanglement, che attribuiscono a entrambe le parti – colonizzatori e colonizzati – un contributo attivo nella formazione della nuova cultura. L’utilizzo di tali modelli suscita però la nascita di due problematiche forse maggiori rispetto a quella che cercano di risolvere: da una parte, la convinzione che a prendere parte al processo di interazione siano solo due entità distinte e mai venute in contatto prima, e dall’altra, l’esistenza di ciò che ibrido non è all’atto della sua creazione: la purezza.

Da questo punto di vista, uno studio archeologico dettagliato, sia macro- che micro-stratigrafico, della cultura materiale prodotta dalle pratiche funerarie in contesti provinciali di età romana può contribuire in maniera decisiva a gettare nuova luce sui processi di costruzione identitaria all’interno di un gruppo sociale, facendone emergere le complessità e instabilità all’atto di quel momento di tensione sociale rappresentato dalla morte di un proprio individuo. Un simile stato di cose genera a sua volta la necessità, per tale gruppo, di ricorrere a soluzioni creative o tradizionali al fine di riconoscere, confermare, o rinegoziare i propri limiti identitari. La materialità dei corpi sepolti e del luogo che li accoglie forniscono così la materia prima per la (ri-)costruzione identitaria.

Con questo intervento propongo di analizzare le suddette problematiche attraverso il caso studio dei resti archeologici prodotti dalle attività funerarie svolte nel centro e sud Sardegna, Masullas (OR) e Cagliari, evidenziandone la valenza identitaria al di là della mera costituzione della sepoltura, cercando piuttosto di investigare quelle pratiche di manipolazione dei defunti e dei loro oggetti di corredo che fanno dello spazio funerario non tanto un luogo dei morti, quanto un luogo in cui i vivi negoziano costantemente il loro futuro nella consapevolezza di manipolare, forgiandolo, il loro passato.

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giulia osti3.8