L’ARCHEOLOGIA COME PRATICA FUNERARIA

Roberto Sirigu

Abstract

Ho scoperto, nel corso dei miei 26 anni di vita lavorativa, che pratico questo mestiere per dialogare con i morti. Ho acquisito consapevolezza del fatto che proprio questo fa, tenta di fare l’archeologo: instaura e coltiva un dialogo – il dialogo – con i morti. Lo fa ogni archeologo, a prescindere dalla sua specializzazione cronologica e culturale. E dalla propria volontà.

La posta in gioco nell’indagine archeologica è dunque non solo, e non tanto, interrogarsi sul rapporto tra la società dei vivi e la comunità dei morti (per citare Bruno D’Agostino) attraverso la lettura e l’analisi dei contesti funerari con intento puramente – asetticamente – cognitivo. Fine e aspirazione dell’archeologo è consolidare le relazioni che connettono tutti coloro che appartengono alla ‘società dei vivi’ ‘comprendendo’ e ‘circoscrivendo’ tale società all’interno del recinto simbolico rappresentato dalla ‘comunità dei morti’ e dalle pratiche funerarie che la rendono tale, ossia comunità. Così concepita, l’archeologia assume i connotati – a mio avviso inequivocabili – di un rituale funerario. Una pratica funeraria attraverso cui chi si riconosce in tale pratica intende tenere desto e saldo il legame con i (propri) morti.

Affermare questo non significa – sia ben chiaro – disconoscere la valenza scientifica della ricerca archeologica. Significa, piuttosto, ampliare le sfumature connotative del concetto di ‘scienza’. Al quale si ritiene di dover attribuire il connotato della ‘neutralità’ e della ‘oggettività’ intesa come assenza di compartecipazione con i fenomeni presi in esame dall’indagine scientifica.

Mi chiedo a cosa serva una simile scienza. E, ancora più nello specifico, un’archeologia così connotata. Asettica e neutrale. Così al di sopra delle parti da risultare incomprensibile e/o inutile a tutte le parti in causa.

Non è questo che si chiede all’archeologia. La matrice etimologia che la parola porta in sé è esplicita: l’archeologia è la ricerca di arché nell’archaios. La ricerca di un fondamento del presente nel passato. E, nel passato, troviamo i morti: tutti coloro che ci hanno preceduti e che, prima o poi, siamo destinati a raggiungere. Ovunque essi si trovino, ora.

Su tutto ciò, proverò a interrogarmi.

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giulia osti51