La dimensione sociale delle pratiche funerarie[?]

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Nel novembre del 1966, in un simposio organizzato a Pittsburgh, la componente più vitale di quelli che da poco avevano cominciato a denominarsi New Archaeologists si incontrò per discutere il tema complesso e ambizioso della «Social Dimensions of Mortuary Practices» e definire una strategia condivisa per la sua commisurazione, secondo quella che era la prassi ipotetico-deduttiva all’epoca adottata da quanti ambivano a perseguire un approccio di tipo processuale in campo archeologico.

A poco meno di mezzo secolo di distanza da quella importante occasione di discussione è sembrato opportuno tornare a riflettere e confrontarsi per verificare costruttivamente (e senza schematismi preconcetti) quanto sia oggi sopravvissuto dei paradigmi interpretativi, delle applicazioni metodologiche e delle velleità euristiche del positivismo di ascendenza processuale sulle tematiche connesse all’interpretazione sociologica delle pratiche funebri.

Con tali obiettivi la discussione, oltre a riconsiderare quanto emerso dalle precedenti sessioni, si confronterà col tema più ampio della dialettica tra isomorfismo e distorsione ideologica nella proiezione funeraria della dimensione sociale di un singolo individuo e/o della sua collettività di appartenenza.

Il dibattito verterà in particolare sull’efficacia o i limiti delle varie strategie euristiche (paleodemografia, analisi della composizione dei corredi, valutazione dell’indice di rarità, determinazione della variabilità funeraria, approccio insiemistico-combinatorio, determinazione della complessità funeraria, ecc. ecc.) messe volta per volta in atto nell’indagine sociologica e, conseguentemente, anche storica e antropologica sulle necropoli.